Mario Agugiaro nelle sue opere struttura il contenuto dell’inconscio fissandolo all’interno di un preciso riferimento egoico. Le sue immagini (in senso psicoanalitico) si stagliano sulla tela condensandosi in masse cromatiche significanti. Egli lancia uno spunto, una traccia, a volte molto labile, ma che tuttavia viene colta empaticamente dall’osservatore il quale, proprio da quell’elemento isolato ricostruisce al proprio internocon i dati fornitogli dall’inconscio l’immagine complessiva, originaria. Agugiaro in altre parole coglie il condensarsi dei contenuti inconsci in quelle che abbiamo definito ‘immagini primordiali’, archetipi. La struttura egoica di questo artista si confronta senza timore con l’entità corporeizzata, quasi fosse un David moderno che illumina, blocca nel tempoin un momento preciso la dinamica inconscia nel suo organizzarsi in forme riuscendo cosi a portarla fino in superficie, fino alla percezione cosciente, alla connotazione linguistica. Agugiaro esprime attraverso il proprio lavoro pittorico l’emergere dei contenuti inconsci permettendo al proprio io e naturalmente anche a quello dell’osservatore di ‘fissare’ subliminarmente l’immagine primordiale. Nel ‘Lucifero’ infatti l’azione descritta nella tela è intuibile dal fruitore. La figura divina si staglia in alto con l’indice accusatore che riassume in sé le due estremità bibliche. La Genesi e l’Apocalisse. Gli stessi colori utilizzati, il classico celeste e porpora, facilitano nell’osservatore la connotazione delle masse in quei riferimenti che la coscienza può afferrare, comprendere in quanto assimilabili alla propria struttura. La figura dell’angelo caduto viene ad emergere, nella mente di chi osserva, come un qualcosa che, pur non potendo essere chiaramente descritto o definito, pur non potendo essere cioè sottoposto a quell’esame di realtà che costituisce lo strumento privilegiato dell’me, è tuttavia intuibile e in qualche modo afferrabile. Le braccia di Lucifero, ad esempio, coerentemente al significato semantico del suo nome si trasformano gradualmente in fiaccole, in vampe di fuoco. Anche qui gli estremi si toccano perché il fuoco simbolo di sicurezza, di luce, di purificazione è anche il simbolo dell’odio e dell’aggressività, della distruzione.Questo lavorio assume in Agugiaro l’aspetto di una corporeizzazione di quelle che potremmo definire ‘pre-forme’ logiche. I grumatici dimostrano sia pure con modalità diverse che la realtà non è solo quella che siamo abituati a vedere grazie alla luce della coscienza, ma è un qualcosa di più complesso che richiede un continuo sforzo interpretativo e l’acquisizione da parte nostra di un linguaggio molto lontano da quello della logica egoica. D’altro canto l’inconscio è lì di fronte e dentro di noi pronto ad aprire i nostri occhi e ilnostro cuore. Le opere dei grumatici appaiono agli occhi del fruitore, al primo impatto, come qualcosa di ‘strano’, di ‘incongruente’, di ‘inafferrabile’, così come al paziente di una psicoterapia inizialmente appare incomprensibile il significato profondo del sogno. Per entrare in esso si deve abbandonare quello che è il determinismo semantico della logica egoica cosi come analogamente, per avvicinarsi alle tele dei grumatici è necessario lasciarsi trasportare dalle linee fino alla percezione non delle forme di una realtà sensibile ma alla percezione dell’immagine che in queste opere ha acquistato valore di simbolo. Il colore è l’elemento preliminare che deve essere accettato empaticamente dal fruitore per poter entrare e accostarsi alle opere stesse.
ANGELO PENNELLA
Da ‘Arte e psicanalisi’

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